martedì 29 maggio 2012

Ratzinger vuole un tedesco allo Ior

L’uscita di scena di Gotti non è stata formalizzata, ma Benedetto XVI punta su Tietmeyer

Giacomo Galeazzi

Città del Vaticano

A Ettore Gotti Tedeschi non è ancora stata ufficializzata l’uscita di scena dallo Ior ma in Vaticano è già scattata la corsa alla successione. Malgrado l’età avanzata (81 anni), Hans Tietmeyer, ex numero uno della Bundesbank e attuale membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali è ad un passo avanti a tutti gli altri possibili candidati.


Il suo è l’unico nome veramente gradito a Benedetto XVI ed inoltre avrebbe un effetto «pacificatore» sulle lotte interne alle finanze vaticane. Una dopo l’altra sono cadute le altre ipotesi (Cesare Geronzi, Antonio Fazio, Giovanni Bazoli) e nessuno viene ritenuto più adatto di Tietmeyer a reggere la «cassaforte del Papa» in una fase in cui Berlino domina la finanza europea e la Santa Sede insegue l’ammissione alla «white list» dei paesi virtuosi.


Inoltre, dopo che l’americana JP Morgan ha interrotto i rapporti con la banca vaticana in seguito all’inchiesta della procura di Roma per violazione della normativa antiriciclaggio, ormai il partner privilegiato dello Ior è proprio la Deutsche Bank da cui proviene l’attuale presidente «ad interim» Ronaldo Hermann Schmitz. Da alcuni giorni è in corso un’operazione per «ripulire» l’immagine della banca vaticana.

Due gruppi di ambasciatori accreditati presso la Santa Sede hanno appena visitato l’Istituto. Un’iniziativa senza precedenti decisa nell’ottica di una maggiore trasparenza delle istituzione finanziarie vaticane e in particolare per farne conoscere l’adeguamento alle norme internazionali anti-riciclaggio. Lo Ior, infatti, spesso opera non come una banca ma come una vera e propria società fiduciaria che scherma la reale proprietà dei fondi sui suoi conti correnti. Perciò la Banca d’Italia impone agli istituti italiani di chiedere alla «cassaforte del Papa» il nome del reale titolare dei soldi movimentati. «Ci hanno invitato per vedere i percorsi che stanno seguendo e mostrare quale sia il loro operato - spiega l’ambasciatore britannico Nigel Baker -. Questo processo sarà lungo e difficile: ci sono alcuni aspetti per i quali lo Ior non ha raggiunto il pieno adeguamento». Per mesi in Vaticano hanno lavorato sodo.

La Segreteria di Stato, in particolare, e il Governatorato, si sono dati da fare per stendere una nuova versione della legge base in materia di antiriciclaggio, la legge 127. Promulgato il 25 gennaio 2012 per decreto dal capo del governatorato, il cardinale Giuseppe Bertello, il nuovo testo dimostra che in uno stato sovrano come è il Vaticano le decisioni anche in materia finanziaria spettano a chi ha in mano il governo, quindi anzitutto alla Segreteria di stato che svolge in sostanza un ruolo politico di tutela. Una specifica, questa, che ha provocato qualche malumore interno.


E che è all’origine del braccio di ferro tra il segretario di Stato Tarcisio Bertone e il capo dell’Autorità di informazione finanziaria (Aif), Attilio Nicora. A lungo lo Ior ha lavorato consapevole di essere in uno Stato con una sua sovranità e specificità e il problema del giudizio esterno era meno sentito. Adesso è diventato prioritario valutare la legittimità dell’entrata della Santa Sede nelal lista degli stati con i migliori standard di vigilanza e trasparenza finanziaria. Un compito al quale il profilo di Hans Tietmeyer sembra poter offrire le garanzie migliori. «Il Papa vuole uno Ior ben governato e lontano da ogni polemica», spiegano in Curia.

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