mercoledì 30 maggio 2012

Memorie di un ateo impenitente

A un anno dalla sua scomparsa esce anche in Italia il memoir dell’intellettuale e giornalista inglese Christopher Hitchens. Protagonista di appassionate battaglie in nome della libertà di pensiero e contro l’oscurantismo religioso.


Passione per la conoscenza e dialettica continua, con il gusto di stare con gli altri, anche se capita di scontrarsi. Amore smisurato per la letteratura, interesse per la scienza e rifiuto radicale della religione. È il piglio brillante, pieno di humour tagliente (mai cinico) di Christopher Hitchens che si torna ad assaporare nelle pagine di Hitch 22 che Einaudi pubblica a più di un anno dalla sua scomparsa. Un memoir di un intellettuale che ha vissuto intensamente, più che un’autobiografia. In cui sono ripercorsi 60 anni di storia personale e collettiva. Quasi 600 pagine con poche rivelazioni e nessun pensamento riguardo a quella che è stata per Hitch (così lo chiamavano gli amici Amis, Rushdie e McEwan) la battaglia di una vita, come giornalista e intellettuale, ma anche come uomo: la lotta contro l’oscurantismo e «il veleno» della fede.

Tema al centro del suo best-seller Dio non è grande (Einaudi) in cui raccontava perché, fin da quando portava i calzoni corti, aveva preferito pensare piuttosto che credere. Ma fra i suoi molti saggi ha fatto scalpore anche un suo corrosivo libro inchiesta, La posizione della missionaria (Minimum Fax), che denunciava il business di Madre Teresa e il suo non dare farmaci ai bambini malati perché potessero guadagnarsi il paradiso soffrendo. Ma Hitch è stato anche in prima fila nel denunciare lo scandalo della pedofilia nella Chiesa fino a tentare, con lo scienziato Richard Dawkins, di far comparire il papa davanti alla Corte penale internazionale per violazione di diritti umani.

 Quando era già gravemente ammalato di tumore, Hitch ha voluto fare un’ultima battaglia, questa volta per il diritto di tutti a morire con dignità, sfruttando fino all’ultimo istante per stare con le persone amate. Intanto i cristiani negli Usa organizzavano catene di preghiera per salvare l’anima di questo ateo impenitente. Che nell’introduzione a Hitch 22 commenta: «Per qualche inspiegabile ragione, la nostra cultura considera normale, addirittura encomiabile, che i devoti ammoniscano chi, a loro avviso, sia in procinto di morire. Un intero pacchiano edificio di fasulle conversioni sul letto di morte è sorto su questa presunzione altamente discutibile».

Ringraziando per l’attenzione dei fedeli, annota poi non senza un pizzico della sua proverbiale ironia: «Invece di partecipare alle colazioni di preghiera in mio onore per quello che sul web andava sotto il nome di Pray for Hitchens day ho preferito far da cavia per esperimenti e protocolli clinici, soprattutto basati sul genoma e volti ad allargare il sapere umano». Conversando con Dawkins per quella che sarebbe stata la sua ultima intervista per The New Statesman era tornato a precisare: «Non sono neutrale rispetto alla religione, le sono ostile. Penso che sia nociva, non solo una falsità. E non mi riferisco solo alla religione organizzata, ma al pensiero religioso in sé e per sé». E quando lo scienziato gli chiedeva che cosa era per lui il totalitarismo il liberale Hitch non esitava a rispondere: «È ciò che cerca di controllare quello che hai in testa non solo il tuo comportamento. Le origini di tutto questo sono teocratiche ovviamente. Tutto comincia con l’idea che ci sia un leader a cui affidarsi, un papa infallibile, un ventriloquo del divino che ti dice cosa devi fare».

Il suo impegno, ricorda oggi Dawkins «era far sì che una persona si alzasse da sola, per battersi senza paura per la verità» (Simona Maggiorelli).

http://www.left.it/2012/05/29/memorie-di-un-ateo-impenitente/3982/