venerdì 18 maggio 2012

La tolleranza religiosa

La tolleranza religiosa è il caso classico che dimostra come il separatismo sia l'unica soluzione possibile, basta richiamarsi alle tantissime guerre di religione.
Oggi, tentando di superare la storia, molti leader politici parlano di tolleranza religiosa come se fosse un segno indistinguibile di civiltà. In realtà non è che una forma di
  • utopia
  • paura
  • interesse.


È una forma di interesse quando si evita lo scontro semplicemente per salvaguardare gli affari con un gruppo o una nazione.
È una forma di paura quando si evita il confronto e si rinuncia ai propri diritti per evitare la "forza" dell'altro.
Ma soprattutto è un'utopia.
Quando qualcuno parla di tolleranza, perché non fa mente locale e analizza il significato reale del termine? Non si tollera un figlio, un coniuge o un amico. Tollerare significa sopportare. Quindi tolleranza vuol dire sopportazione dell'altrui idea religiosa. Ma, se questa ci provoca danno, sopportazione vuol dire sottomissione.

 Chiunque usi un po' di spirito critico comprende facilmente che la tolleranza religiosa è possibile solo se:
  1. le confessioni sono separate (separatismo religioso) oppure
  2. se i credenti sono falsi credenti (neofarisei).
Il separatismo religioso

Pensiamo al 1960. Per un italiano e per un iraniano "illuminati" era abbastanza facile parlare di tolleranza perché, di fatto, nei loro Paesi non era presente che una confessione e non c'erano interazioni con altre religioni. Oggi purtroppo non è più così.
Il primo punto è chiaro: ognuno a casa propria può credere a ciò che vuole. Questo concetto illude i sostenitori della tolleranza che anche in uno Stato multiconfessionale ognuno possa rispettare il credo altrui. Infatti:
1) nessuno di noi, purtroppo, può esimersi da un giudizio inconscio su un appartenente a un'altra fede religiosa.
2) Questo giudizio diventa tanto più negativo quanto più ci accorgiamo delle differenze.
3) Senza stima non si può accettare una qualunque ingerenza dell'altro nella nostra vita.
4) La tolleranza muore e diventa solo una bella parola.
Siete convinti di essere immuni da pregiudizi? Provate questo test.

Il test di Arlecchino - Pensate a un uomo vestito come Arlecchino che esclude dalla sua dieta molti cibi e che fa l'amore solo il venerdì perché questo è quello che gli ha detto il "suo" Dio. Ebbene, o vi convertite e vi comportate come lui oppure nel 99,99% dei casi lo reputate un mentecatto. Fin qui niente di male; ma supponiamo che il nostro uomo voglia convincervi della sua fede. Provate un po' di fastidio, ma niente di più. Poi vuole mettere (democraticamente) al bando gli "alimenti del male"; qui vi opponete, ma già il fastidio aumenta. Poi vuole spostare la festa dalla domenica al venerdì perché "giornata dedicata all'amore". A questo punto anche al più paziente non può che scappare un "Ma che, sei scemo?" e inizia la "guerra".
Del resto vale la motivazione del separatismo: se per una religione X è un delitto mentre per un'altra è un diritto, come possono le religioni convivere?
I neofarisei

Per fortuna esistono molti Stati in cui la multiconfessionalità è possibile (nell'immagine un quadro di Eugéne Delacroix, Nozze ebraiche marocchine), ma lo è solo perché si verifica il secondo dei punti citati nella prima parte dell'articolo. Tale punto riguarda per esempio i Paesi occidentali cristiani dove una grande percentuale della popolazione "crede, ma non pratica", si fa la "propria religione" adattando i precetti delle Chiese. Ovvio che se sono il primo a mettere in dubbio la parola della mia Chiesa per scelte che riguardano la vita di tutti noi, sarò molto tollerante con chi non la segue perché attratto da un'altra religione. Purché ovviamente anche l'altro sia un falso credente e sia quindi "elastico" nel seguire la sua religione.
Il credente quindi si professa tale, ma in realtà è un neofariseo che non accetta fino in fondo i precetti di quella Chiesa che invece dovrebbe "parlare in nome di Dio". Il massimo di questa ipocrisia è la teoria della separazione fra Stato e Chiesa. Ragioniamo: se un credente è veramente tale, la sua appartenenza a una Chiesa lo porta ad avere precetti morali che vorrà riversare nella società. E quindi la sua politica non potrà prescindere dalla sua religiosità. Banale. Per cui che un cardinale parli di politica o ci dica che l'aborto o i pacs sono dei crimini, nulla cambia se si rivolge agli elettori italiani o ai fedeli: comunque la Chiesa fa (giustamente) politica. Chi non vuole che il cardinale o il papa parlino è in errore perché è ipocrita separare Stato e Chiesa. Si tratta solo di un escamotage per fare in modo che la religione (cui si aderisce ormai solo sommariamente) non sia troppo invadente. Ed è possibile solo perché in molti Paesi la Chiesa ha perso gran parte del suo potere.
Il politico "religioso" che sostiene la separazione fra Stato e Chiesa è ipocrita perché non si accorge che è tramite il suo credo che la Chiesa influenza lo Stato; il politico "laico" che sostiene la separazione è solo ipocrita perché così facendo vuole evitare uno scontro frontale su determinati temi.
Il secondo punto si implementa solo abbassando il peso della religione nella società, facendone un concetto individuale e non collettivo, ridimensionando le Chiese. In altri termini,
la vera tolleranza passa solo attraverso un ridimensionamento della religione a livello sociale.